Combattere l’inquinamento indoor per proteggere la salute, ma anche come scelta etica

I dati dell’Organizzazione mondiale della sanità parlano chiaro: l’inquinamento indoor incide pesantemente sulla salute tanto da essere responsabile di quasi il 3 % delle malattie in tutto il mondo.

Se la qualità dell’aria esterna peggiora costantemente, l’inquinamento all’interno degli spazi chiusi può essere fino a cinque, addirittura sette volte superiore. Un dato allarmante soprattutto se consideriamo che, soprattutto in città, trascorriamo il 90% del tempo all’interno dei cosiddetti “ambienti confinati”: uffici, ospedali, centri commerciali, scuole, alberghi, ristoranti, bar, banche, negozi, cinema, musei, palestre e così via.

Significa, in pratica, che trascorriamo la maggior parte della nostra vita subendo un prolungato contatto con patogeni diversi che ci espongono al rischio di intossicarci lentamente, ma anche a quello di contrarre infezioni. Oltre ai gas come la formaldeide, il benzene, il monossido di carbonio, il radon e altre migliaia di microscopiche particelle di origine minerale o sintetica, infatti, negli spazi chiusi possiamo respirare muffe, escrementi di acari, spore, allergeni, batteri e virus di ogni genere. È proprio questo tipo di inquinamento la causa principale di numerose patologie della cute e dell’apparato respiratorio. Un esempio per tutti è l’infezione da legionella, batterio che penetra nell’ospite attraverso le mucose delle prime vie respiratorie e di cui recentemente si sono registrati numerosi focolai in diverse regioni del nostro Paese, argomento cui abbiamo dedicato un interessante articolo su OnAir.

Purtroppo molte sostanze che compromettono la qualità dell’aria non sono percepibili, mentre altre vengono addirittura considerate confortevoli come accade, per esempio, con i prodotti per la pulizia degli ambienti. E il problema è proprio questo: spesso non ci rendiamo conto del pericolo che corriamo anche in presenza di sintomi che dovrebbero farci alzare il livello di guardia.

Eppure, già da diversi anni, gli esperti definiscono questo fenomeno con l’espressione “sindrome dell’edificio malato”, un insieme di disturbi più o meno fastidiosi comuni a tutte le persone che gravitano all’interno della stessa struttura; disturbi che scompaiono quando ci si allontana dall’edificio.

La consapevolezza del rischio per la salute ha comportato l’evoluzione dei criteri progettuali e realizzativi relativi al trattamento dell’aria non soltanto in ambienti dove erano già tradizionalmente impiegati, ma anche in altri dove il tema dell’IAQ, acronimo di Indoor Air Quality, è finalmente diventato una realtà: l’ambito residenziale, per esempio.  Non basta, il valore della qualità dell’aria interna è strettamente correlato al tempo di permanenza nell’edificio, ecco perché è necessario applicare le più avanzate tecnologie di filtrazione anche ai luoghi di lavoro. Ancora di più in ambienti critici come ospedali e laboratori farmaceutici dove la necessità di proteggere la salute dell’utente da potenziali contagi è imprescindibile.

I problemi relativi alla qualità dell’aria sono stati al centro anche del seminario organizzato dall’AiCARR che si è appena concluso a Verona, cui Sagicofim ha partecipato proprio con un articolato intervento, nell’ambito della filtrazione, dedicato ai principi e alle direttive della recente Norma UNI EN ISO 16890.

Sebbene l’importanza della IAQ (Indoor Air Quality) sia universalmente riconosciuta, rimane fondamentale mantenere alta l’attenzione sul tema. Per questo è importante promuoverne la cultura attraverso convegni nazionali e internazionali, seminari e incontri che diventano momenti di confronto sui temi di maggiore attualità individuati dalle Commissioni AiCARR soprattutto grazie alla partecipazione dei maggiori esperti e delle più note Associazioni italiane ed estere.

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