Perché “l’aria la gh’a minga i oss” (l’aria non ha le ossa)
Siamo ogni giorno tempestati da notizie sulla pessima qualità dell’aria che ci circonda e in cui viviamo, sulla necessità di mettere in campo azioni correttive importanti per poter abbassare drasticamente i livelli di guardia che per troppi giorni all’anno si sforano ormai ovunque.
Sagicofim è fortemente sensibilizzata su tale argomento e, da molto tempo, cerca di condividerlo con la propria clientela ed i vari interlocutori.
Come membri benemeriti dell’Associazioni AiCARR, abbiamo il piacere di accogliere e trasmettervi un’ottima notizia, che lascia intravedere nuovi scenari al fine di poter realizzare azioni concrete in tale ambito:
…martedì 15 gennaio, AiCARR è stata ufficialmente ammessa a far parte come “Full member” della IEQ Global Alliance…La Alliance ha l’obiettivo di creare sinergie fra i professionisti esperti in varie discipline relative alla IEQ e impegnati all’interno delle Associazioni partecipanti, per sviluppare e promuovere iniziative destinate a migliorare in modo significativo la qualità ambientale interna degli edifici, quali attività di ricerca, sviluppo e scambio educativo sulla IEQ.
A fronte di tale importante riconoscimento e traguardo raggiunto dall’Associazione vogliamo congratularci vivamente e ci auguriamo di poter essere di supporto a questo volano virtuoso di attività da mettere in campo per il benessere di ognuno di noi!
A tal proposito vorremmo portare all’attenzione dei nostri lettori un vecchio proverbio milanese che recita “l’aria la gh’a minga i oss” (l’aria non ha le ossa) e sta a significare che l’aria, essendo immateriale, è difficile da domare e governare. Ma è proprio così? È di questi giorni la notizia che ci ha incuriosito e la riportiamo tale e quale per dovere di cronaca “Ospedali, infezioni all’8% dei ricoverati: una su 5 in sala operatoria” – E ancora – “Nelle sale operatorie italiane si registrano tra i 4500 e i 7000 decessi l’anno – Gli incidenti stradali si fermano a 3.419 morti.
Abbiamo chiesto a Roberto Merici, B.U. Hospital Manager di Sagicofim, di esprimere un suo pensiero riguardo a questo tema.
“Il fatto delle infezioni nosocomiali è noto da tantissimi anni, almeno da 25, ovvero una decina d’anni prima che se ne occupasse anche Sagicofim. Ricordo un convegno del 2011 all’ospedale Sacco di Milano, organizzato da ASCCA in collaborazione con la Società Lombarda di Chirurgia, durante il professore era Paolo Dionigi – Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia – disse: “è almeno un decennio che non vengono brevettati nuovi antibiotici e noi personale medico, che li abbiamo utilizzati in maniera smodata, abbiamo creato le condizioni per generare ceppi di batteri più resistenti che non siamo più i gradi di combattere”.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sintetizza in 29 raccomandazioni i comportamenti corretti da tenere prima, durante e dopo un’operazione chirurgica al fine di scongiurare infezioni ed evitare il propagarsi di batteri pericolosi.
“Per fortuna dico io! In Italia si contano dai 5.000 ai 10.000 morti. La comunità europea nel 2014 ha registrato 27.500 morti, mal contati, causati da infezioni nosocomiali. Come Sagicofim abbiamo collaborato con AiCARR alla stesura di una linea guida per i blocchi operatori, diventata poi la norma UNI 11425, che indica quali prestazioni devono garantire gli impianti meccanici, dedicati ai blocchi operatori, per poter ottenere un flusso d’aria atto a mantenere l’ambiente della sala operatoria il più pulito possibile”
Il blocco operatorio, per cui non solo la sala operatoria ma anche i locali ancillari, è noto essere la seconda fonte di infezioni nosocomiali.
“Esatto, la prima fonte è l‘inserimento di cateteri nell’organismo, mentre la seconda è proprio il blocco operatorio. Stiamo cercando di sensibilizzare il mondo sanitario, ma anche quello dei progettisti, ribadendo che la qualità dell’aria che viene immessa in sala operatoria deve essere considerata non solo comfort ambientale per i medici, ma debba anche avere una funzione di “lavaggio” dalle impurità prodotte dall’equipe stessa. Attraverso l’andamento dell’aria, dal plafone filtrante a soffitto verso le riprese, si possono allontanare dalla zona critica, batteri, particelle e altri contaminanti. Non dimentichiamoci che il movimento naturale del corpo umano e l’abbigliamento medico stesso rilasciano batteri e sostanze nocive da loro stessi generati. Batteri che molte volte sono la causa delle infezioni. Un buon flusso dell’aria nelle sale operatorie può ridurre questo rischio.
Ci sono dei valori o studi pubblicati?
“Accidenti no. Questa è la maledizione. È raro trovare professionisti in grado di raccogliere e classificare i risultati conseguiti a seguito di un intervento in funzione dell’ambiente in cui è stato eseguito. Esiste uno studio fatto dal dott. Ricci (Il dott. Maurizio Ricci, di Ancona è il coordinatore nazionale della Sezione di studio e terapia dell’edema della SIMFER – società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa da lui fondata 13 anni fa) nel quale sono stati monitorati, in 6 anni, circa 14.500 interventi. Questo studio ha dimostrato che, prima del rifacimento dei blocchi operatori, attraverso la gestione dell’aria la percentuale di pazienti “infettati” era del 7%. A valle della ristrutturazione si è ridotto al 3%. Solo il 4% di delta direte voi? Alcuni studi hanno determinato che un’infezione costa in media 10.000 euro. Fate voi i conti! In un solo anno l’intero investimento sostenuto per rinnovo della struttura ospedaliera è stato ripagato.
Ma com’è possibile che in un ambiente sterile non si pensi alla qualità dell’aria, ma solo al grado di temperatura e umidità?
“Per chiarire meglio il concetto faccio un parallelismo con gli antibiotici che vengono immessi nell’organismo umano e che vengono prodotti dall’industria farmaceutica utilizzando camere bianche sterili, normate e validate da enti regolatori nazionali o internazionali quali AIFA o l’americana FDA. Questi enti sono costituiti, per nostra fortuna, da professionisti validi e costantemente aggiornati, una qualità rara! Purtroppo, ad oggi, nel settore ospedaliero, la stessa attenzione e obbligatorietà non è richiesta e non ci sono prescrizioni precise di un Ente superiore, tipo il Ministero della Sanità, per la formazione di tecnici competenti, in accordo alle norme vigenti, per la validazione e garanzia di conformità degli ambienti ospedalieri. Infine vi dirò di più: la produzione di un microchip necessità di una sterilizzazione più spinta di quella in uso nelle industrie farmaceutiche. Per produrre questi piccolissimi accessori, sempre più presenti nei nostri dispositivi elettronici, si utilizzano camere bianche di classe ISO1. Si registrano 10 classi di appartenenza per la classificazione delle camere sterili norma UNI EN ISO 14644:2015. La Classe ISO1 è l’ambiente più pulito che si possa ottenere. L’industria farmaceutica produce in un ambiente classificato fra la ISO3 e la ISO4 e le sale operatorie sono in classe fra la ISO5 e ISO7. “
Quindi un chip vale più della vita umana?
“Purtroppo sì. Fino a 5 volte di più! Questo perché non si è ancora riusciti ad associare il concetto che l’aria molto pulita aiuti davvero a mantenere un processo “sano”. Ciò è estremamente chiaro per le industrie che producono i chip e per le aziende farmaceutiche, ma è ancora tanta la strada da fare nell’ambito delle aziende sanitarie per sensibilizzare i tecnici su tale argomento. Si continua a parlare di inquinamento ambientale nelle città, ma ricordiamoci che il vero inquinamento è quello che non si vede. L’occhio umano percepisce la fumata nera di un’automobile diesel, ma l’inquinamento più pericoloso è quello invisibile.”
Quindi mi sembra di capire che non c’è via di uscita. È proprio così?
“È un problema culturale. Nel momento in cui si capirà questa cosa ci sarà un approccio diverso.
Vorrei aggiungere che, se anche fosse vero che la qualità dell’aria incide solo per il 3% come causa delle infezioni, cosa fareste se capitasse a vostro figlio? Non sarebbe come se fosse il 100%?”