Filtri ad alta efficienza contro il COVID

Come è ormai ben noto, una delle strategie da adottare nella prevenzione della diffusione del virus SARS-CoV-2, negli ambienti confinati, è costituita dall’impiego degli impianti di ventilazione meccanica per la diluizione della concentrazione della carica virale mediante un adeguato ricambio d’aria.

Per le attività che utilizzano impianti a tutt’aria (centri commerciali, musei, ristoranti, palestre, ecc.), che si basano sulla miscela di aria esterna e di aria ripresa dall’ambiente, risulta fondamentale il ruolo del sistema di filtrazione nelle unità di trattamento al fine di arrestare eventuali particelle virali che possano essere trasportate nel flusso di ricircolo. Per questo motivo una delle raccomandazioni contenute nelle linee guida emanate lo scorso anno da enti quali ASHRAE riguardava proprio l’impiego di filtri a tasche ad elevata efficienza.

All’epoca non erano ancora stati effettuati studi approfonditi sulla reale capacità di questi filtri di arrestare il virus, di conseguenza tale raccomandazione si basava essenzialmente sulla ragionevole ipotesi che, pur essendo in presenza di particelle di coronavirus di piccole dimensioni, pari a 80-160 nm (PM0.1), inferiori all’area di cattura dei filtri a tasche, queste tendono a depositarsi sulle fibre del filtro e ad aggregarsi anche con altre particelle più grandi che si trovano già nell’area di cattura dei filtri. Ciò aveva portato quindi a ritenere che i filtri delle UTA potessero fornire un’adeguata protezione contro la trasmissione del virus per via aerea attraverso l’impianto.

Negli impianti a tutt’aria tale funzione risulta fondamentale in quanto può consentire il funzionamento delle UTA con ricircolo, essenziale nei periodi di punta estivi o invernali per garantire il controllo delle condizioni ambientali (oltre a un minore consumo energetico per il trattamento dell’aria). La chiusura della serranda di ricircolo, altra raccomandazione contenuta nelle linee guida per evitare il trasporto del virus, nella realtà è infatti possibile soltanto nelle mezze stagioni.

La buona notizia è che l’efficacia dei filtri a tasche nei confronti del virus è stata di recente confermata da una serie di ricerche condotte negli Stati Uniti mediante test sperimentali e modellazioni.

Sull’ASHRAE Journal sono stati pubblicati i risultati di uno studio sperimentale[1] condotto proprio per verificare l’efficacia dei tradizionali filtri utilizzati negli impianti HVAC nel trattenere particelle virali disperse nell’aria.

Il test di efficienza di filtrazione virale (VFE) è stato eseguito secondo il metodo di prova dello standard ASHRAE 52.2-2017 per i dispositivi di filtrazione dell’aria, utilizzando come aerosol virale il batteriofago MS2, che presenta caratteristiche molto simili a quelli di origine umana in termini di dimensioni e forma.

Nello studio sono state misurate le prestazioni di filtri di 4 diverse classi di efficienza:  MERV 5 (G3), MERV 12 (F6), MERV 13 (F7) e MERV 14 (F8).

A titolo di confronto, sono stati inoltre misurati i valori di efficienza di filtrazione su particelle non virali riferiti a tre diverse classi in base alle dimensioni delle particelle, E1 (da 0,3 a 1 µm), E2 (da 1 a 3 µm) ed E3 (da 3 a 10 µm) come definite secondo lo standard ASHRAE 52.2-2017.

È da notare che il range dimensionale dell’aerosol 0,3 – 10 µm è lo stesso utilizzato dalla norma UNI EN ISO 16890 per definire le classi ePM1, ePM2.5, ePM10 e, conseguentemente, per basare il dimensionamento dei filtri per l’aria in funzione della qualità dell’aria richiesta.

Lo studio ha confermato che l’efficienza di filtrazione virale dei filtri è generalmente correlata alla classe MERV, ovvero maggiore è questa, maggiore è l’efficienza nel catturare le particelle virali trasportate dall’aria.

I valori medi sono infatti risultati pari al 36% per i filtri G3, al 77% per i filtri F7 fino ad arrivare al 96% per gli F9, con punte fino al 99%.

Rispetto alle classi E1, E2 ed E3, definite secondo lo Standard ASHRAE 52.2-2017 e comunemente utilizzate in impianti HVAC per applicazioni residenziali o del terziario, si è inoltre riscontrato che l’efficienza di filtrazione virale è sempre superiore a quella per la classe E1 (per aerosol di granulometria compresa tra 0.3 e 1.0 µm), e inferiore a quella delle classi E2 o E3.

In altre parole, l’efficienza di un filtro riferita alla classe E1 (ePM1secondo la norma UNI EN ISO 16890) può fornire una previsione conservativa per le prestazioni in termini di filtrazione virale ovvero, sulla base dei test effettuati per il batteriofago MS2, l’efficienza misurata sulle particelle portatrici del virione si è dimostrata essere superiore all’efficienza per la classe E1.

In conclusione, questo studio sperimentale ha stabilito che l’utilizzo di filtri a tasche con efficienza F9 (pari a ePM1 90%) è molto efficace nel catturare le particelle di virus presenti nel flusso d’aria e consente quindi il funzionamento degli impianti a tutt’aria con il ricircolo.

È interessante notare che risultati simili sono stati ottenuti da una ricerca condotta dal Pacific Northwest National Laboratory (PNNL) attraverso la modellazione di un impianto HVAC a tutt’aria con ricircolo a servizio di un edificio con piani suddivisi in uffici singoli.[2]

Lo studio è stato condotto per verificare l’impatto della diffusione di aerosol di SARS-CoV-2 attraverso il sistema di trattamento dell’aria e ha valutato la sua concentrazione in ambiente e le probabilità di infezione per diverse fonti di esposizione sia interne che esterne. In particolare è stata messa a confronto l’influenza di parametri quali efficienza di filtrazione, numero di ricambi orari e percentuale di aria esterna. In base alla modellazione, utilizzando una UTA dotata di filtri F7 la concentrazione di particelle virali, presente nell’aria ambiente, risulta prossima a zero, con una probabilità di infezione pari allo 0,01%.

Infine, è importante segnalare quanto riportato nel White Paper[3] su COVID-19 e impianti HVAC pubblicato dalla società di ingegneria Taylor Engineering che dimostra, conti alla mano, come aumentare l’efficienza dei filtri da F7 a F9 comporta una maggiore protezione virale con incrementi trascurabili della perdita di carico e dei costi di investimento e di esercizio, a parità di durata del filtro.

Per tutti questi motivi i filtri a tasche ad alta efficienza F9 (pari a ePM1 90%) dovrebbero essere ormai considerati lo standard nelle UTA in quanto garantiscono la salute delle persone senza gravare sui costi di gestione.


[1] John Zhang et al. – Study of Viral Filtration Performance of Residential HVAC Filters. ASHRAE Journal, August 2020.
[2]Leonard F. Pease et al., Investigation of potential aerosol transmission and infectivity of SARS-CoV-2 through central ventilation systems. Building and Environment 197 (2021) 107633.
[3] Taylor Engineering, COVID-19 White Paper. October 14, 2020.

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