Principi di filtrazione – Parte II

Nel precedente numero di ON-AIR sono stati approfonditi i principali meccanismi per la filtrazione del particolato aerodisperso, evidenziando che i sistemi filtranti, destinati alla rimozione di queste sostanze, possono raggiungere efficienze molto elevate anche su particelle piccole, dell’ordine di qualche nanometro, ma che non hanno alcun effetto sulle sostanze in fase di vapore o gas.

Una dimostrazione di ciò, l’abbiamo purtroppo sperimentata tutti nel corso degli ultimi mesi, essendo stati costretti a indossare quotidianamente le mascherine per proteggerci dal rischio di contagio. Questi dispositivi di protezione si basano sugli stessi meccanismi di funzionamento dei comuni filtri per l’aria, con efficienza più o meno elevate a seconda del grado di protezione offerto. Pur indossando le mascherine, però, riusciamo lo stesso a sentire e distinguere gli odori e profumi intorno a noi. A riguardo, va anche evidenziato che alcuni odori indicano la presenza di inquinanti sotto forma di aeriformi, ma esistono anche contaminanti gassosi totalmente inodori, che vengono quindi inalati senza che ce ne accorgiamo.

Tralasciando, per il momento, alcune applicazioni critiche, che coinvolgono la presenza di inquinanti ad elevato rischio, quali particolari composti chimici o radioisotopi, i contaminanti più diffusi sono: anidride carbonica e solforosa (CO2 e SO2), monossido di carbonio (CO), ossidi di azoto (NOx), ozono (O3) e composti organici volatili (COV), conosciuti anche con l’acronimo anglosassone VOC (Volatile Organic Compounds) che comprendono una vasta gamma di composti chimici molto diffusi.

La filtrazione dell’aria per ridurre la concentrazione di questi contaminanti, laddove presenti, si basa sul fenomeno dell’adsorbimento fisico e chimico, ottenuto mediante l’utilizzo di opportune sostanze, in genere carboni attivi, zeoliti, ossidi di alluminio o resine a scambio ionico.

I termini adsorbimento e assorbimento non sono sinonimi, non vanno confusi e, anzi, sono due fenomeni completamente diversi tra loro. Una sostanza che viene assorbita da un materiale assorbente, penetra all’interno di questo materiale senza però diventarne parte integrante; nell’adsorbimento, invece, si crea un legame tra adsorbente e adsorbito anche a livello molecolare.

Questo fenomeno presenta degli aspetti più complicati rispetto alla filtrazione meccanica per la contaminazione particellare, ma il suo principio di funzionamento di base si può riassumere in alcuni punti fondamentali.

Il valore di efficienza di un filtro per queste applicazioni, così come la durata della sua vita operativa, dipende dalla superficie totale del materiale adsorbente adoperato.

Considerando per esempio un medium filtrante in carbone, la cui struttura chimica è costituita per la gran parte da atomi di carbonio, la sua attivazione (da cui il nome carbone attivo) si può ottenere in diversi modi, per esempio facendolo attraversare da correnti di aria calda, vapore o diossido di carbonio.

In questo modo si ottiene una struttura reticolare costituita da un elevatissimo numero di pori di dimensioni infinitesimali, aumentandone così la superficie attiva complessiva ovvero quella che viene a contatto dell’aria che la attraversa.

L’elevata porosità delle sostanze utilizzate per questi filtri, consente così di avere delle enormi superfici attive per unità di volume, arrivando a superare abbondantemente, per esempio nel carbone, i 1000 m² per ciascun grammo di materiale, fino a raggiungere e superare in alcuni casi i 2000 m²/g. Se consideriamo che una piscina olimpionica a 10 corsie è lunga 50 metri e larga 25 metri, possiamo dire che la superficie effettiva di un grammo di carbone attivo è paragonabile a quella di due piscine olimpioniche.

Nel passaggio dell’aria attraverso il filtro, le molecole di contaminante penetrano all’interno del materiale adsorbente, distribuendosi all’interno dei micropori del diametro di pochi micronmetri che ne costituiscono la struttura, aderendo alla superficie del medium filtrante restandone intrappolate. L’interazione tra queste molecole e il materiale filtrante che le ha adsorbite è però di lieve entità (adsorbimento fisico), rendendo questo processo reversibile.

Ciò significa che, in funzione della concentrazione di molecole catturate, della temperatura e dell’eventuale interazione con altre sostanze aeriformi, alcune molecole possono essere nuovamente rilasciate nel flusso d’aria (desorbimento).

In particolare, l’indesiderato fenomeno di desorbimento delle molecole di contaminante è facilitato da:

  • Aumento della temperatura dell’aria
  • Aumento dell’umidità dell’aria, in quanto il maggiore contenuto di molecole di acqua ostacola l’adsorbimento delle altre sostanze
  • Aumento della velocità dell’aria. Questo parametro è fondamentale per una efficiente rimozione dei contaminanti molecolari, soprattutto in applicazioni di processo, in quanto direttamente legato al tempo di contatto dei contaminanti con i media adsorbenti

Per evitare questo inconveniente, molti materiali adsorbenti vengono impregnati con delle sostanze affinché, oltre all’adsorbimento fisico, si abbia anche adsorbimento chimico, che grazie a delle reazioni tra la sostanza contaminante e quella impregnante, risulta irreversibile.

Questo effetto, seppur irreversibile, non è però di durata infinita. La vita operativa di questi filtri va riducendosi man mano che si riduce la quantità di sostanza impregnante in grado di dar luogo alla reazione chimica con il contaminante presente nell’aria che passa attraverso il filtro stesso. Una volta che l’intera struttura reticolare del medium filtrante ha reagito con la sostanza da adsorbire, il filtro non è più in grado di trattenere efficacemente le sostanze inquinanti che lo attraversano.

Partendo, quindi, da un filtro a carboni attivi nuovo, avente un certo valore di efficienza per un determinato contaminante, nel corso della sua vita operativa l’efficienza tenderà a diminuire gradualmente, all’aumentare della superficie efficace del carbone che raggiunge il punto di saturazione. Al diminuire dell’efficienza aumenta di conseguenza la concentrazione di contaminante che riesce ad oltrepassare il filtro, contenuta nel flusso d’aria a valle del filtro stesso.

Gli elementi filtranti dovranno quindi essere sostituiti quando la concentrazione di contaminante a valle della sezione filtrante raggiunge il valore massimo ammissibile di progetto.

Si può quindi definire la capacità totale di adsorbimento come la quantità complessiva di contaminante trattenuto dal sistema filtrante al raggiungimento del punto di saturazione dell’intera superficie attiva dei pori del medium filtrante.

Ai fini pratici è però più utile definire una capacità operativa di adsorbimento, indicandola come quantità complessiva di contaminante trattenuto dal sistema filtrante, al raggiungimento del valore limite di concentrazione ammissibile a valle della sezione di filtrazione, ovvero quando l’efficienza di adsorbimento non è più in grado di garantire il valore minimo di contaminante rilasciato in ambiente.

La realizzazione dei filtri per aeriformi parte generalmente da un medium adsorbente in granuli, che può essere utilizzato per ottenere filtri con uno strato molto spesso di materiale, oppure per riempire delle cartucce cilindriche vincolate ad una piastra metallica rettangolare o quadrata, che serve da supporto alle cartucce stesse e da struttura di fissaggio all’interno delle unità di trattamento aria o di altri contenitori idonei ad ospitare dei filtri per installazione a canale.

Sezioni con esigui spessori di materiale adsorbente o con il carbone incorporato a degli strati di medium filtrante per particolato, trovano maggiore utilizzo in normali impianti HVAC avendo, rispetto ai filtri a carbone per applicazioni critiche, delle perdite di carico decisamente inferiori. Come già accennato, uno dei parametri più importanti per un corretto dimensionamento dei filtri per aeriformi è il tempo di contatto tra la sostanza da adsorbire e il materiale adsorbente.

Questo parametro è proporzionale al volume del medium adsorbente e inversamente proporzionale alla portata, nonché alla velocità.

Bassi valori di velocità e elevati volumi di materiale attivo, consentono un tempo di contatto relativamente elevato tra l’inquinante aeriforme e la sostanza adsorbente, aumentando la probabilità che il contaminante riesca ad entrare all’interno dei micropori e reagisca chimicamente (nel caso di medium filtrante impregnato), venendo così adsorbito.

Di contro, una velocità troppo elevata o una ridotta quantità di materiale adsorbente consentono di ottenere ridotte efficienze di cattura dei contaminanti aeriformi.

Per questo motivo è importante dimensionare queste sezioni filtranti rispettando le indicazioni di portata d’aria riportate nella documentazione tecnica dei vari filtri; queste portate sono generalmente inferiori a quelle nominali previste per i filtri per particolato di pari sezione frontale.

È altresì fondamentale conoscere il tipo di contaminante, oltre che la sua concentrazione nell’aria, per selezionare l’elemento filtrante più idoneo. Per diversi tipi di aeriforme sarà necessario scegliere il substrato adsorbente più idoneo e soprattutto la sostanza impregnante con la più elevata affinità chimica nei confronti dell’inquinante da adsorbire.

Volendo fare una categorizzazione per macro famiglie dei principali contaminanti in fase gassosa, questi si possono suddividere in:

  • Solventi organici
  • Gas acidi
  • Gas basici
  • Aldeidi e formaldeidi
  • Radioisotopi e radionuclidi

In applicazioni critiche, nelle quali la filtrazione molecolare è una priorità, le sezioni filtranti utilizzate nelle sezioni di estrazione dell’aria dall’ambiente verso l’esterno, prevedono generalmente dei filtri per particolato a monte dei filtri per aeriformi per proteggere questi ultimi da eventuali contaminanti presenti nell’aria in forma di aerosol, ed eventualmente dei filtri di classe HEPA a valle per evitare di liberare in ambiente polvere di materiale molecolare rilasciato nel flusso d’aria di espulsione.

Per chiarire meglio il dimensionamento di una sezione filtrante di questo tipo, consideriamo a puro titolo di esempio un impianto industriale di espulsione di 6.000 m³/h d’aria contaminata, che necessiti di uno stadio di pre-filtrazione di efficienza ISO ePM1 80% o superiore, uno stadio di filtrazione molecolare ed infine un filtro HEPA di classe H14.

Le tre diverse sezioni filtranti saranno installate all’interno di un sistema di contenimento idoneo a garantire la sostituzione in sicurezza dei filtri esausti.

Il primo passo è quello di selezionare i sistemi filtranti più idonei e calcolare la quantità di filtri necessaria, per poi selezionare il sistema di contenimento.

Per contenere le perdite di carico complessive, considerando che sono richieste efficienze di filtrazione particolarmente elevate, la soluzione migliore è quella di usare filtri ad alta portata con elevata superficie filtrante; il filtro molecolare viene selezionato in base al tipo di contaminante e alla sua concentrazione.

Nella tabella seguente vengono riportati i dati tecnici principali per gli elementi filtranti più idonei.

MODELLO EFFICIENZA PORTATA NOMINALE PERDITA DI CARICO INIZIALE
NH 5 – 610x610x292 ISO ePM1 85%  4.000 m³/h 145 Pa
NA 5 – 610x610x292 H14  4.000 m³/h 280 Pa
CAF 5 – 610x610x298  Carbone attivo  1.300 m³/h 120 Pa

Poiché la sezione filtrante contiene uno stadio a carbone attivo, nel dimensionamento sarà fondamentale prevedere un numero di filtri tale per cui la portata massima per ogni elemento non superi quella nominale. Dovendo ovviamente arrotondare questo valore al primo intero successivo, si vede che per la portata d’aria di progetto servono 5 filtri a carbone attivo ma, conseguentemente, anche 5 prefiltri e 5 filtri HEPA; ognuno di questi filtri lavorerà quindi a 1.200 m³/h.

Sostituendo i relativi valori di perdita di carico iniziale in condizioni nominali, si ottengono con buona approssimazione i valori corrispondenti all’effettiva portata operativa. Per il filtro a carbone attivo, vista la minima differenza tra portata nominale e di progetto, si può comunque considerare il valore di perdita di carico iniziale come valore effettivo.

A questo punto, dopo aver selezionato il modello dei filtri, calcolato la quantità necessaria e aver stimato le perdite di carico iniziali, manca solo la selezione del sistema di contenimento.

Per far questo si considera il numero di stadi di filtrazione, nel nostro esempio 3, ed il numero di filtri per ciascuno stadio, in questo caso 5.

Il sistema di contenimento dovrà quindi poter ospitare 15 filtri in totale, suddividendo la portata complessiva in cinque parti per consentire a ciascuna sezione filtrante a 3 stadi di trattare 1.200 m³/h.

Un esempio per un sistema di questo tipo è riportato nella figura seguente.

Condizioni generali di vendita

Condizioni generali di acquisto